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Una lettera di Giuseppe Tomasi spiega “Il Gattopardo”

In una lettera all’amico Enrico Merlo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Palermo 1896 – Roma 1957) gli consegna il suo unico esemplare del Gattopardo con alcune indicazioni.

In una lettera a Enrico Merlo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957) consegna all’amico il suo esemplare de Il Gattopardo con alcune indicazioni. L’autore ha completato il romanzo in pochi mesi, sapendo di essere prossimo a morire.

N.H.

Il barone Enrico Merlo di Tagliavia

S.M.

30 maggio 1957

Caro Enrico,

nella busta di pelle troverai il dattiloscritto del “Gattopardo”.

ti prego di averne cura perché è la sola copia che io possegga.

Ti prego anche di leggerlo con cura perché ogni parola è stata pesata e molte cose non sono dette chiaramente ma solo accennate.

Mi sembra che presenti un certo interesse perché mostra un nobile siciliano in un momento di crisi (che non è detto sia soltanto quella del 1860), come egli vi reagisca e come vada accentuandosi il decadimento della famiglia sino al quasi totale disfacimento; tutto questo però visto dal di dentro, con una certa compartecipazione dell’autore e senza nessun astio, come si trova invece nei “viceré”.

È superfluo dirti che il “principe di salina” è il principe di Lampedusa, giulio Fabrizio mio bisnonno; ogni cosa è reale: la statura, la matematica, la falsa violenza, lo scetticismo, la moglie, la madre tedesca, il rifiuto ad essere senatore. Padre Pirrone è anche lui autentico anche nel nome. Credo di aver fatto tutti e due più intelligenti di quel che veramente fossero.

Tancredi è fisicamente e come maniere, Giò; moralmente una mistura del senatore Scalea e di Pietro, suo figlio. angelica non so chi sia, ma ricoa che Sedàra, come nome, rassomiglia molto a “Favàra”.

Donnafugata come paese è palma; come palazzo è Santa Margherita. Tengo molto agli ultimi due capitoli: La morte di don Fabrizio che è sempre stato solo benché avesse moglie e sette figli; la quistione delle reliquie che mette il suggello su tutto è assolutamente autentica e vista da me stesso.

La Sicilia è quella che è; del 1860, di prima e di sempre.

Credo che il tutto non si aprivo di una sua malinconica poeticità.

Io parto oggi; non so quando ritornerò; se vorrai scrivermi potrai indirizzare:

Presso Signora Biancheri

via S. Martino della Battaglia 2

Roma.

Con tanti cari saluti

tuo

Giuseppe

[Sul retro della busta]

Fai attenzione: il cane Bendicò è un personaggio importantissimo ed è quasi la chiave del romanzo.

(dalla Premessa all’edizione Feltrinelli del 2002 a cura di Gioachino Lanza Tomasi). Edizione conforme al manoscritto del 1957, Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano, Prima edizione dicembre 1969. Nuova edizione con testi d’autore in appendice.

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