Nel vasto romanzo epistolare La famiglia Manzoni, Natalia Ginzburg raccoglie alcune lettere del grande scrittore milanese, offrendo un ritratto profondo di Manzoni e dei suoi famigliari ed amici.
Noi si vive qui senza disegno fisso, aspettando ogni giorno, che l’indomani ne porti uno bell’e fatto. -Lettera di Alessandro Manzoni alla figlia Vittoria, 1850.
Scrittrice della famiglia per eccellenza, ne La famiglia Manzoni Natalia Ginzburg (1916-1991) si dedica ad un gruppo particolare di personaggi, ovvero la famiglia del celebre scrittore milanese Alessandro Manzoni (1785-1873). Ordinando il carteggio tra i vari membri della famiglia, in cui si trattano spesso temi quotidiani come la salute, i viaggi o le questioni monetarie, Ginzburg offre al lettore un ritratto umano e profondo del protagonista, della sua progenie e di alcuni tra i suoi consiglieri ed amici, non mancando di lasciare sulla tela qualche gentile tocco di umorismo.
Tornando a casa, vado nella stanza de’ miei figli per fare colazione dove per lo più perdo sempre molto tempo. Le debbo far osservare che fuori de’ giorni che anch’io prendo il caffè con loro perché sarebbe osservabile se non facessi, negli altri giorni posso benissimo stare nella mia stanza a prendere la cioccolata. -Lettera di Giulia Beccaria al canonico Tosi, 1810.
Il trattenimento con la famiglia per la colazione non sia troppo lungo. -Risposta del canonico Tosi a Giulia.
Attraverso le lettere, la fugura dello scrittore emerge dalle voci di quanti lo circondano -la madre Giulia Beccaria, la prima moglie Enrichetta Blondel, Teresa Borri, sua seconda consorte, e la numerosa progenie, compreso Stefano Stampa, unico figlio di Teresa. Sofferente di disturbi nervosi, Manzoni appare come un uomo dedicato all’impegno letterario, alle amicizie (che però non coltiva con assiduità, si pensi alla corrispondenza rarefatta poi del tutto abbandonata con Fauriel) e infine, in misura minore, al ruolo di padre.
Particolarmente interessante risulta nel libro la storia di Giulia Beccaria, madre di Alessandro, capace di sottrarsi a un matrimonio infelice per cominciare una nuova vita in Francia. Sarà una presenza importante nella vita del figlio e in quella dei nipoti, come testimonia lo scambio reciproco di lettere affettuose tra questi e la nonna. Giulia verrà oscurata dalla seconda nuora, Teresa Borri, sposata da Manzoni nel 1837, una donna che, scrive Ginzburg, “passava la vita a pensare alle malattie proprie, vere e immaginarie”.
Tengo una gran dieta; bevo della grand’acqua fresca; e da ieri prendo ogni due ore l’acqua di lauro ceraso, che mi ha un po’ riattaccato il cuore, e rimesso un po’ le forze. -Lettera di Teresa Borri al figlio Stefano.
Nel suo testamento, Teresa lascia tutto all’unico figlio ignorando i figliastri, con i quali, al di là dei convenevoli epistolari dell’epoca, non sembra esserci alcun vero rapporto affettivo. Giulia Beccaria aveva invece fatto testamento il 10 gennaio 1837, cioè pochi giorni dopo il nuovo matrimonio di Alessandro: lasciava il suo intero patrimonio ai nipoti e al figlio l’usufrutto universale. Scrive Ginzburg: “evidentemente diffidava di Teresa, fin da allora; e il figlio le sembrava, dal punto di vista pratico, sprovveduto”.
Della mia salute non ti dico niente perché mi trovo proprio bene. -Sofia Manzoni, lettera al fratello Enrico, 1841.
Dei figli di Manzoni emergono due aspetti: da una parte la salute cagionevole di quasi tutte le ragazze, Giulietta, Sofia, Cristina, Clara e Matilde; solo Vittoria infatti vivrà a lungo In questo senso, lo scrittore sembra trascurare le sue mansioni di padre: non lascia Milano per andare a trovare Matilde, gravemente malata, che per lettera invoca inutilmente una sua visita. Riguardo ai maschi, Pietro, Filippo ed Enrico, Ginzburg lascia intendere che provenire da una famiglia nobile, agiata e persino famosa (questo grazie alla notorietà di Manzoni nel panorama culturale e politico dell’epoca), non è garanzia sufficiente a condurre un’esistenza onorevole: se Pietro sarà per tutta la vita il sostegno amministrativo e legale del padre, Filippo ed Enrico si copriranno invece di debiti. Aiutati da Manzoni, anche se a prudente distanza, incrineranno irrimediabilmente il rapporto con lui. Nella complessa rete di vicende e rapporti tra membri divisi tra loro anche per ragioni geografiche e politiche, vi è comunque da chiedersi quanto lo stesso Manzoni abbia contribuito all’allontanamento dai figli con le sue idiosincrasie, la sua personalità e, non ultimo, il suo matrimonio con Teresa.
Le missive offerteci da Ginzburg coprono un arco di tempo che va dagli anni del matrimonio di Giulia Beccaria con Don Pietro Manzoni fino alla generazione dei nipoti di Alessandro; vi si assiste a uno sfilacciamento progressivo dei legami familiari in cui la morte di Enrichetta e la presenza di Teresa potrebbero aver giocato un ruolo significativo. Sorprende, nella raccolta epistolare, la qualità umana di Stefano Stampa, figlio di Teresa: nei confronti delle sorelle e dei fratelli Manzoni, infatti, si rivela più generoso e prossimo di quanto le premesse materne farebbero immaginare, come emerge dalle lettere da lui scambiate con Vittoria. Prediletto dal patrigno, Stefano ha qualità artistiche -non solo dipinge ma si dedica anche a scrivere- e sarà autore di una biografia dello stesso Manzoni.
A Cristina Baroggi Manzoni / la quale con edificante pazienza / in lunga e penosa malattia / e colla rassegnazione cristiana / consacrò una vita / immacolata pia caritatevole / e una morte / preziosa / al cospetto di Dio / offrendo in sacrifizio a Lui / una bambina e uno sposo / amati tanto / i parenti afflittissimi / implorando la vostra preghiera / e la misericordia divina. -Epigrafe per la tomba di Cristina (1815-1841) scritta dal padre, Alessandro Manzoni.
Infine una nota sulla presenza della fede cristiana nelle lettere: qui si trovano non solo commenti ad opera dei membri della famiglia ma anche note riferentesi all’abate Degola, al canonico Tosi, poi divenuto vescovo, e al sacerdote Antonio Rosmini. Come è noto, Giulia Beccaria, Alessandro Manzoni ed Enrichetta Blondel, quest’ultima di fede protestante, si convertirono al cattolicesimo. Nel celeberrimo romanzo I promessi sposi il disegno della Provvidenza è centrale nell’orientare il destino dei personaggi.
Ludovica Valentini
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