Dallo splendido libro Libera nos a Malo, di Luigi Meneghello (1922-2007), ecco una pagina di ricordi e riflessioni sulla lingua dedicata proprio alla fine di agosto.
“Libera nos a malo è la presentazione della vita e della cultura di Malo, un paese della provincia vicentina, negli anni Venti e Trenta, ricreata, con un misto di nostalgia affettuosa, di distacco ironico, e di rigorosa intelligenza, dall’autore ormai adulto. Attraverso il microcosmo di Malo viene fissata e trasmessa compiutamente al futuro la vicenda di tutta la nostra società, nel breve periodo in cui passa da una statica e secolare civiltà contadina alle forme più avanzate della modernità, la vicenda addirittura di tutto il nostro mondo con le fratture che hanno segnato la sua precipitosa evoluzione.”
Con queste parole, Giulio Lepschy illustra la prosa autobiografica di Luigi Meneghello (Malo, Vicenza 1922 – Thiene, Vicenza 2007), nella quale ricordi, eventi familiari, consuetudini locali e riflessioni sulla lingua trovano posto in un’accurata quanto piacevole e spassosa narrazione. Riproponiamo qui una pagina che esemplifica appieno le doti letterarie dell’autore, docente di italianistica all’Università di Reading in Gran Bretagna tra il 1948 e il 1980.
La prima poesia che composi io in italiano era breve e diceva: Ultima sera d’agosto / sotto le brache c’è un mostro.
La insegnai a Bruno, e verso la fine d’agosto, quando i grilli strillano più disperatamente, la cantavamo in cortile, accucciati fianco a fianco sotto la mura del Professore, perché di notte il cesso era considerato troppo lontano per i bambini. In seguito istituii delle anteprime nell’ultima settimana di luglio, quando nelle notti serene cominciano già le prime strillate piene dei grilli. Alla fine del mese si smetteva, per ricominciare nell’ultima decade di agosto. Ricordo l’emozone e il senso di fulfilment che si provava la sera del 31, quando le parole corrispondevano esattamente alle cose, come se l’anno fosse venuto all’appuntamento, e i grilli sembravano impazziti. Tra poche ore è settembre: questo momento non tornerà più per un anno, e non si può fermare. Dopo la sosta sotto la mura del Professore, avanzavamo a saltelli-accucciati per tutta la lunghezza del cortile, cantando il mio lamento per la morte dell’estate.
Una sera, mentre eravamo lì arrivò Dino che aveva fatto un nolo con la Cinque, la mise in garàs, e scendendo per il cortile ci sentì e volle sapere cosa cantavamo. Gli piacque molto il secondo verso e rise cordialmente coll’aria di uno che pensi: Come sono in gamba i miei nipoti! Ero lusingato e contento, è un piacere comporre cose da ridere che fanno veramente ridere la gente. Ma mentre ci pulivamo il culetto mi venne un dubbio, che lui avesse inteso un mostro mentre io volevo dire un altro.
Tratto da Libera nos a Malo, di Luigi Meneghello (Rizzoli 2006, prima edizione 1963).
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