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Raccontare è restituire: “Musica distante”, di Emanuele Trevi (2)

Nel saggio Musica distante, Emanuele Trevi (Roma 1964) rivisita luoghi e personaggi dell’arte e della letteratura per restituirci il significato delle sette virtù cristiane.

SPERANZA. Per ciò che riguarda la speranza, Trevi richiama dapprima Giacomo Leopardi, nella sua veste di traduttore del Manuale di Epitteto: “Tu non dei cercare che le cose procedano a modo tuo, ma voler che elle vadano così come fanno, e bene starà”, segnala il poeta nel 1825, oscillando tra speranza ed accettazione stoica della realtà con le sue leggi. Ma l’anelo contenuto nella nozione di speranza può anche tradursi in ricerca, come si dà nel caso del capitano Achab in Moby Dick. Qui l’inseguimento diviene ossessione, ogni idea di felicità terrena scompare di fronte a un’esigenza superiore e tremenda che espone al pericolo: il sublime infatti, indica giustamente Trevi, significa la fine del sé, l’annullamento completo e irreversibile dell’identità individuale. Speranza può essere altresì l’attesa immobile e senza fine rappresentata dal vascello varato in Linea d’ombra, di Joseph Conrad: la narrazione vi ritrae un equipaggio sospeso in un’attesa inutile su di un mare piatto, che Trevi, assilimilandolo all’esistenza, considera “specchio di un fallimento da contemplare senza illusioni”. Allo stesso modo, afferma l’autore, anche l’anima vive “una condizione d’attesa senza inizio né fine”. E vi è infine la pienezza della speranza per chi, come Il Grande Maulnes, di Alain Fournier, spera di ritrovare un luogo, un volto. La bellezza di tali oggetti del desiderio, vivi nel ricordo, risiede precisamente nel loro essere anelati.

CARITÀ. La professione caritatevole per eccellenza, indica Trevi, è quella del medico, ed è infatti con un racconto di Kafka imperniato sulla vicenda di un medico che l’autore apre questa parte del saggio. Trevi cita la descrizione che Cristina Campo fa del medico, “colui che porta in sé senza troppe parole […] il confluire di innumerevoli patimenti.” Il contatto con i corpi malati o morenti a quali si offre accettazione incondizionata e accoglienza, questo è l’esercizio della carità. Non a caso altre figure segnalate da Trevi sono il San Giuliano della Leggenda narrata da Flaubert, San Martino e Angela da Foligno, la quale lava le piaghe dei lebbrosi e ne beve l’acqua infetta e sporca. La carità si distingue per l’attenzione all’altro nel momento in cui questi offre uno spettacolo di deiezione e inadeguatezza. Tale capacità di “eccedere i confini di un singolo destino umano” rivela, secondo Trevi, la natura “cosmica” della carità.

(continua)

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