Menzogna e Sortilegio, in cui Elsa Morante elabora i ricordi del passato, riscattando infanzia e adolescenza, offre una chiave di lettura del romanzo L’Arminuta, di Donatella Di Pietrantonio.
Ancora oggi, in certo modo, io sono rimasta ferma a quella fanciullesca estate: intorno a cui la mia anima ha continuato a girare e a battere senza tregua, come un insetto intorno a una lampada accecante (Elsa Morante, Menzogna e sortilegio).
Una citazione da Menzogna e Sortilegio di Elsa Morante precede le prime pagine de L’Arminuta, romanzo profondo e vibrante di Donatella Di Pietrantonio (Arsita, 1963). In entrambe le opere, la scrittura rivisita i conflitti dell’infanzia e dell’adolescenza, ritraendone gli inganni e le perdite. In entrambe, la protagonista ripercorre nella memoria il rapporto complesso col genitore, in particolare con la madre, fino a giungere al momento – cruciale per ogni individuo – di divenire madre e padre di se stessa, perdonando e trovando il proprio luogo nel mondo.
L’Arminuta narra la vicenda di uno strano ritorno, che riaffiora di continuo nei ricordi in prima persona della protagonista, ormai adulta. All’epoca dei fatti, la giovane, non ancora quattordicenne, viene improvvisamente strappata a un’esistenza serena di figlia unica in una famiglia della modesta borghesia abruzzese per essere “restituita” senza appello ad un altro padre e un’altra madre, che il lettore presto capisce essere essere i veri genitori della ragazza. Il perché di questo doloroso cambiamento, di questo “ritorno” che dà il nome alla vicenda, viene rivelato molto più tardi, e mostra come il mondo degli adulti si manifesti spesso a quello dei minori con i soli strumenti del silenzio e del travisamento, della menzogna appunto.
Come nella citazione da Menzogna e sortilegio, è estate anche nel romanzo di Donatella Di Pietrantonio: un giorno di agosto del 1975, in un caldo soffocante, la giovanissima protagonista-narratrice entra nella casa della sua vera famiglia, dove scoprirà la povertà, la sporcizia, la violenza, la reticenza nei gesti e nelle parole, l’ignoranza e perfino la morte, ma anche l’amore nelle sue diverse manifestazioni: offerto rozzamente e quasi di nascosto, o con reazioni rabbiose e impulsive; eppure autentico, tanto da forgiare, ad onta di tutto, vincoli profondi e duraturi.
Spicca nel romanzo la tragica figura di Vincenzo, il fratello grande mai conosciuto prima, con il quale sorge subito un’attrazione:
Ho visto i muscoli modellati dal mestiere, le spalle forti. Una schiuma castana gli si arrampicava sul torace cotto dal sole e, piú su, in faccia. Doveva essere cresciuto presto anche lui. Quando si è stirato ho sentito l’odore adulto, non era sgradevole. Una cicatrice a lisca di pesce gli decorava la tempia sinistra, forse una vecchia ferita suturata male. Non parlavamo piú, di nuovo mi guardava il corpo. Di tanto in tanto aggiustava il sesso con la mano, in una posizione meno fastidiosa.
Commovente anche quella di Adriana, la sorella minore, selvatica, velocissima e furba, eppure saggia, una piccola adulta. Bambina già donna, è piena di ammirazione per l’Arminuta, la Ritornata, che riesce bene negli studi e un giorno andrà di nuovo in città per studiare al liceo. Ed e lei ad infliggere, con grazia e maturita, la lezione d’amore di cui evidentemente gli adulti hanno bisogno. Ci riferiamo alla scena in casa di Adalgisa, incapace di accudire il suo bambino piangente. Ma in realtà, in questo potente romanzo, ognuno dei personaggi è reso pienamente nei suoi tratti distintitivi: il padre, operaio saltuario in una fornace, autoritario e manesco, srigativo, sporco, eppure a suo modo protettivo e paterno. La madre, dura e segnata dal dolore, dotata di sentimento anche se priva di un linguaggio capace di esprimerlo. I genitori adottivi, e poi gli altri, gli amici che aiutano la protagonista nel difficile cammino di accettazione e perdono.
Significativa la presenza di Giuseppe, il fratellino più piccolo: ennesimo figlio di una famiglia già numerosa, al suo ritardo cognitivo unisce una cristallina chiarezza nell’espressione dei bisogni e dei sentimenti. Ricorda, certo non a caso, il piccolo Useppe de La Storia, altro grandissimo romanzo di Elsa Morante, sotto la cui egida Donatella Di Pietrantonio scrive. E’ infatti al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza che l’autrice rivolge il suo sguardo acuto e penetrante, e non solo in qualità di narratrice ma anche nella professione quotidiana di odontoiatra pediatrica, cui Donatella Di Pietrantonio si dedica da anni.
L’Arminuta, pubblicato da Einaudi nel 2017, ha vinto il Premio Campiello dello stesso anno.
Ludovica Valentini
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