Una riflessione sul tempo nei suoi aspetti lineari e non lineari nella raccolta di racconti di Claudio Magris (Trieste 1939)
Forse il Danubio nei pressi di Krems era l’Oceano che stringe in cerchio il mondo, acque che scorrono e nello stesso istante ritornano, rive che si rispecchiano sempre nelle sue onde.
Per ogni essere umano, il sopraggiungere della vecchiaia si percepisce nel declino del corpo: i riflessi, la prestanza, le capacità. I protagonisti dei cinque racconti che costituiscono Tempo curvo a Krems sono uomini anziani, consapevoli d’essere vicini, se non prossimi, alla fine delle loro esistenze. Le scene che li ritraggono sono altrettante riflessioni sul passato e sulla morte. Eppure, là dove lo sfascio della materia denota l’incedere del tempo, frammenti di esistenza lasciati alle spalle rivivono nel ricordo, divenendo essi stessi presente. Cos’è kronos, allora, e noi cosa siamo?
Sugli aspetti lineari e non lineari del tempo, Claudio Magris (Trieste, 1939) intesse narrazioni in cui innesta l’andirivieni interiore dei personaggi. I segni visibili della loro decadenza provocano riflessioni e perfino scelte, come quella di andare ad abitare in uno stabile di cui si è proprietari, assumendo le funzioni di portiere. Nei racconti appare con forza la Storia: tra i personaggi, legati alla Mitteleuropa, alle migrazioni e alle guerre, due sono ebrei; ed è inevitabile collegare la loro presenza a ciò che il passato significò per milioni – annientamento e dolore.
Vi è inoltre, magistralmente narrata, la perdita di ogni legame col possesso: di case, oggetti, funzioni e identità. Certi di non essere nulla di ciò che il linguaggio circoscrive, si sa di esistere in modo immaginario, un cumulo di pensieri che non sono nemmeno nostri in senso stretto: “le parole sono come l’aria e le stagioni, non appartengono ad alcuno.”
Eterno dileguare, eterno essere; il fiore muore nel frutto, dunque e il frutto, ha scritto un geniale e talora pomposo professore di Jena dimostrando che anche l piu grande dei filosofi puo essere un poeta. Muori e divieni, diceva quel poeta di Weimar tanto piu poeta di lui, al quale peraltro, nella sua veste di consigliere del Ducato, aumentava lo stipendio di accademico ma con parsimonia. Muori e divieni cosi veramente sei, se non vuoi restare un ospite frettoloso e oscuro sulla terra opaca. Gli oleandri del mio giardino, rosa bianchi rossi, ogni anno altri, gli stessi. Paura di morire? Re Ane il Vecchio tu non sei morto, dice la saga, ma sei risorto in Enil re. Bevi, vecchio re, la vita ti da come tu prendi, sei tu che vuoti e riempi il bicchiere.
La liquidità della vita, come quella del mare, elemento ricorrente in queste pagine, rimanda alla qualità fluida del tempo, che appunto si curva su se stesso, generando senza soste la realtà. Attraverso cinque mirabili narrazioni, e con i riferimenti letterari che contraddistinguono la sua scrittura, Magris compie per noi una meditazione sulla natura dell’essere – inafferrabile dalla mente, ovunque e sempre presente.
Ludovica Valentini
πάντα ῥεῖ, tutto scorre e tutto è qui nello stesso momento. La sapiente scrittura di Magris dispiega e dissolve il tempo.
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Mi he piaciuto di più il tuo articolo che il libro stesso.
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Molte grazie Viv! Beh, parleremo insieme di queste cinque narrazioni e vediamo cosa ne viene fuori. Bacioni e grazie ancora della tua partecipazione.
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