Nella biografia dedicata a Gioachino Rossini (1792-1868), Gaia Servadio ritrae il grande musicista pesarese con le sue luci e le sue ombre.
“Una follia organizzata e completa.” (Stendhal su L’italiana in Algeri di Gioacchino Rossini)
Nella biografia dedicata a Gioachino Rossini (1792-1868), Gaia Servadio offre ai lettori un resoconto in cui abbondano particolari tratti dalla corrispondenza del maestro e dalle testimonianze di chi lo conobbe da vicino. Vi si trovano artisti quali Stendhal, Balzac, Hugo, Verdi, Donizetti, Bellini, Beethoven, Wagner, in una narrazione tesa a descrivere l’uomo oltre che il musicista, disegnandone le vicende e le umane debolezze sullo sfondo della grande Storia. Nella transizione dal Classicismo al Romanticismo e nelle guerre e rivoluzioni che sconvolsero l’Europa a partire dal 1792, anno di nascita di Gioachino Rossini, emerge il ritratto di un uomo non coraggioso eppure lucidamente autoironico, di un artista desideroso di riconoscimenti ma alieno al potere e prodigo di elogi con gli avversari, di un amante sensuale, di un figlio devoto, di un genio prolifico quanto incompreso, di un malato grave.
La spumeggiante allegria di molte delle sue arie, e l’argomento farsesco dei libretti a cui la sua arte prestò melodie indimenticabili, sembrerebbero tramandare un’immagine eternamente lieta di Rossini. Eppure, scrive Servadio, la domanda rimane:
Perché il compositore più celebre della sua epoca si chiuse in un mondo di semisilenzio per ben trentanove anni? Cosa accadde di così tragico all’uomo di Pesaro, diventato la stella delle corti e dei teatri d’opera di tutta Europa, una delle personalità più apprezzate della sua epoca?
Per rispondere al quesito, il libro indaga nell’infanzia del compositore: qui si trovano i germi di un disagio che più tardi produrrà crisi depressive fino a condurre Rossini ad un lungo silenzio. Siamo nel 1829, anno di composizione del Guillaume Tell. In questo momento l’artista, sposato con Isabella Colbran, convive a Parigi con Olympe Pélissier; il suo stato di salute è noto ai frequentatori della casa, tanto che l’amico Balzac convertirà il musicista nel protagonista di un romanzo. Scrive Servadio:
Dopo aver dedicato a Rossini Le contrat de mariage (un romanzo rimasto inedito fino al 1847), Balzac scrisse Gambara (1837), il cui protagonista è un compositore che cade in uno stato di profonda depressione. Tutti sapevano chi si nascondeva dietro il nome di Gambara, anche Rossini. Che non si offese, e che comunque rimase agli occhi di Balzac “il compositore che ha trasposto più passione che chiunque altro nell’arte della musica.”
In tale luce, alcune delle straordinarie creazioni rossiniane vanno lette come esplicite allusioni alla pazzia, come ebbe a dire lo stesso Rossini a proposito della Cenerentola (1817). D’altronde, la sua esistenza per molti versi travagliata è ricca di eventi straordinari e di soggiorni in città dove il successo quasi sempre gli arride: non solo la natia Pesaro ma anche Bologna, Venezia, Napoli, Roma, Firenze, Milano, Londra, Vienna e naturalmente Parigi, sua seconda patria. E’ qui che compone il capolavoro dell’ultimo decennio di vita: la Petite messe solennelle, scritta a cavallo tra il 1863 e il 1864. Su quest’opera, come su altre, Servadio riporta le parole dello stesso Rossini:
“Buon Dio. Ecco terminata questa povera piccola Messa. E’ musica sacra quella che ho appena fatto, o è una sacrée musique? Ero nato per l’opera buffa, lo sai bene! Poca dottrina, un po’ di cuore, è tutto. Sii dunque benedetto, e concedimi il Paradiso.”
Pochi anni dopo, il 13 novembre del 1868, il geniale musicista si spegne.
Dell’uomo Rossini si è detto ogni male: spilorcio, traditore, anti-italiano. […] Si è detto e si è scritto che non lasciava il letto quando gli cadeva uno spartito fresco d’inchiostro perché sapeva che avrebbe fatto più sforzo ad alzarsi che non a scriverne uno nuovo. Non è venuto in mente a nessuno che i depressi non lasciano il letto, non vogliono la luce, che i migliori comici sono proprio quelli che non riescono ad affrontare il giorno e la vita, e che sono anche le persone che più degli altri soffrono.
Gioachino Rossini. Una vita, di Gaia Servadio è stato pubblicato da Feltrinelli nel 2015. Corredano l’opera un’ampia bibliografia critica nonché l’opera omnia lirica e strumentale.
Ludovica Valentini
“Il faut convenir que les passions sont un accident dans la vie, mais cet accident ne se rencontre que chez les âmes supérieurs.” (Stendhal, “Le Rouge et le Noir”). Queste parole, citate da Gaia Servadio nella sua biografia di Rossini, sembrerebbero indicare che, a fronte di tutte le sue debolezze umane, il compositore pesarese fu davvero un “grande”. Certamente il suo lascito musicale che continua ad innamorare il pubblico di tutto il mondo.
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Una bella idea includere questa biografía nelle letture di quest’anno.
Conoscere “questo” Rossini, ce stato, al meno per me, una scoperta fantastica. Grazie mile
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Grazie a te per il tuo commento su “questo” Rossini: in riunione potrai illuminarci anche sul Rossini che finora ti era noto.
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Grazie Ludovica per aver portato il libro di Gaia Servadio su Rossini ” Una vita ” nel club di lettura. Ho scoperto un nuovo Rossini, mi è piaciuto leggere così come le informazioni che mi ha dato.
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Grazie a te, Francesca, per i tuoi commenti e la tua partecipazione. Le tue scoperte aggiungono valore al personaggio straordinario che fu Rossini, le cui melodie continuano ad accompagnarci.
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