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Mario Soldati: “I racconti del Maresciallo (3)

Per Soldati, il racconto fatto dall’amico Gigi Arnaudi, maresciallo dei carabinieri, trascorre nel “tempo ideale della giustizia”

«Bene, dico per telefono a quello della pompa: se nella macchina o vicino alla macchina non si trovano cadaveri né feriti, è buon segno: vuol dire che il signor… il signor Tale, e dico il nome dell’industriale, o chi era al volante della sua macchina, è rimasto ferito soltanto leggermente, si è fatto dare un passaggio da qualcuno: sarà all’ospedale di Adria. Senonché, neanche il tempo di riattaccare, quello mi richiama. Un cadavere è stato ritrovato. A un centinaio di passi dalla macchina capovolta. In mezzo a un campo: di là da una fila d’alberi che lo nascondeva. C’è qualcuno che lo riconosce. È il cadavere, appunto, dell’industriale. Dico di non toccarlo, prendo con me l’appuntato, salto sulla jeep, e in dieci minuti sono sul posto. Ho avuto, un momento, l’istinto, uscendo dalla caserma, di telefonare alla signora  dell’industriale. Conoscevo anche lei personalmente, benissimo. Ma un altro istinto, più forte, mi ha suggerito di compiere, prima, il sopraluogo, e di vedere con i miei occhi, da solo. Guai se mi fossi comportato diversamente. È stata una fortuna. Cosa vuoi, così è il nostro mestiere. Tutto, a volte, dipende da una piccola decisione in apparenza trascurabile.

«Sulle cause della disgrazia, non occorreva essere degli esperti per capire com’era andata. La strada, in quel punto, era una lastra di ghiaccio. C’erano i segni della frenata, e della slittata, fino al punto dove la macchina era rotolata dall’argine. Forse per superare un camion, per scansare una moto… Guidava bene: ma aveva anche il vizio di andare un po’ forte. E la macchina, di quelle sport, a motore spinto. Basta, l’incidente era tragico: ma non aveva, in sé, niente di strano. Strano, invece, stranissimo, il punto dove era stato trovato il cadavere.

«Come da mia istruzione, non era stato rimosso né spostato. Era, sì, a un centinaio di passi dalla macchina. Bocconi sulla terra ghiacciata, di traverso, e quasi contro le radici di un albero: un salice di una lunga fila, che andava perpendicolarmente dalla strada al canale di una vicina idròvora. Era chiaro che il poveretto aveva cercato di appoggiarsi, con una mano, o con tutte e due, all’albero: e che era scivolato in avanti, ed era spirato così, la bocca nella terra. Il decesso, come poi ebbero a stabilire i medici di Rovigo con i loro esami, datava da un’ora, un’ora e mezzo, non più. Probabilmente, quando la macchina aveva già attirato l’attenzione e radunato gente, lui era ancora vivo, lì, a breve distanza, e avrebbe potuto essere aiutato, e magari salvato. Chissà. Ogni tanto ci penso, e non so darmi pace. Non per il mistero: perché fortunatamente sono riuscito a scoprirlo. Ma per la fine pietosa, per la sua sofferenza di quegli ultimi istanti: era una così brava persona! (continua)

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7 risposte a "Mario Soldati: “I racconti del Maresciallo (3)"

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  1. “Cosa vuoi, così è il nostro mestiere. Tutto, a volte, dipende da una piccola decisione in apparenza trascurabile.” Il Maresciallo Arnaudi decide di non avvisare subito la vedova: è l’intuito a suggerirglielo, e si rivelerà la decisione migliore. Nel racconto si avverte umanità, con Arnaudi si offre un’immagine delle forze dell’ordine protettiva e non meramente repressiva.

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