Nel locale del caffettiere Ridolfo, un pullulare di personaggi e di storie che si incrociano
La scena stabile rappresenta una piazzetta in Venezia, ovvero una strada alquanto spaziosa con tre botteghe: quella di mezzo ad uso di caffè; quella alla diritta, di parrucchiere e barbiere; quella alla sinistra ad uso di giuoco, o sia biscazza; e sopra le tre botteghe suddette si vedono alcuni stanzini praticabili appartenenti alla bisca, colle finestre in veduta della strada medesima. Dalla parte del barbiere (con una strada in mezzo) evvi la casa della ballerina, e dalla parte della bisca vedesi la locanda con porte e finestre praticabili.
Così Carlo Goldoni (1707-1793) descrive al lettore la scena de La Bottega del Caffè, commedia in tre atti ambientata a Venezia e pubblicata per la prima volta a Mantova nel 1750.
Che una bottega possa offrire lo spunto per il titolo di un’opera teatrale dimostra la popolarità di questo tipo di commercio nella Repubblica della Serenissima nella prima metà del secolo XVIII. Le botteghe da caffè, nate alla fine del ‘600, divennero in breve luoghi ideali per lo scambio di idee: è qui che ceti diversi si incontravano e si mescolavano, contribuendo così a una progressiva democraticizzazione della società. Ne sembra consapevole Goldoni, che fa dire al caffettiere Ridolfo: “… bisogna servir tutti. A buon’ora vengono quelli che hanno da far viaggio, i lavoranti, i barcaruoli, i marinai, tutta gente che si alza di buon mattino”, mostrando la massima apertura verso una clientela assai variata.
Lo spazio agglutina o separa a seconda della volontà politica, sociale, educativa che presiede alla sua organizzazione. Goldoni colloca la sua bottega in una piazza, in posizione centrale rispetto ad altri due commerci. Lo spettatore potrà osservare tutto ciò che accade, compresi gli a parte dei personaggi, notando quali rapporti umani si stabiliscono, quali si rinnovano e quali si rompono attraverso l’azione collettiva e le riflessioni individuali che si svolgono nella bottega.
Due le figure rilevanti: Ridolfo, imprenditore etico, che non annacqua il prodotto né incoraggia il pettegolezzo, attento alla reputazione del suo negozio e alla sua funzione sociale. Su linee morali opposte il suo cliente Don Marzio, che ama interferire nelle vite degli altri dal suo posto di osservazione ad uno dei tavolini sulla piazza. Praticando lo spionaggio e la maldicenza, sfrutta gli incontri succedentisi nella bottega per danneggiare l’altrui reputazione.
DON MARZIO Se voi non sapete niente della ballerina, vi racconterò io.
RIDOLFO Io, per dirgliela, dei fatti degli altri non me ne curo molto.
DON MARZIO Ma sta bene saper qualche cosa per potersi regolare. Ella è protetta da quella buona lana del conte Leandro, ed egli, dai profitti della ballerina ricava il prezzo della sua protezione. Invece di spendere, mangia tutto a quella povera diavola; e per cagione di lui forse è costretta a fare quello che non farebbe. Oh che briccone!
RIDOLFO Ma, io son qui tutto il giorno, e posso attestare che in casa sua non vedo andare altri, che il conte Leandro.
DON MARZIO Ha la porta di dietro; pazzo, pazzo! Sempre flusso e riflusso. Ha la porta di dietro, pazzo!
RIDOLFO Io bado alla mia bottega, s’ella ha la porta di dietro, che importa a me? Io non vado a dar di naso a nessuno.
DON MARZIO Bestia! Così parli con un par mio? (s’alza) (continua)
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La bottega è centrale nella piazza: un ottimo punto per il commercio, l’osservazione e lo scambio di informazioni. L’idea moderna di “far rete” si vede perfettamente rappresentata nella commedia di Goldoni, dove condotta esemplare e maldicenza si confrontano attraverso i personaggi, portando a risultati diametralmente opposti.
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