In questo romanzo straordinario e gentilmente eversivo, Paola Mastrocola (Torino 1956) torna al tema dei giovani e affronta temi cruciali: il rapporto genitori-figli, la crescita economica voluta dal capitalismo e la possibilità di vivere secondo altri valori.
Si sentí dapprima un insolito trapestio provenire dall’esterno. Poi sulla porta, dietro al pubblico, apparve un giovane alto e bruno, con i capelli corti. Indossava un completo di fustagno grigio e, buttata per traverso, una sciarpa a righe con gli stemmi, stile college. Procedeva lento, le mani in tasca. E gli venivano dietro quelle pecore.
Dopo una laurea in Economia alla Bocconi di Milano e un biennio alla London School of Economics, il giovane Fil – Filippo Cantirami – appartenente a una famiglia della Torino bene, dovrebbe essere prossimo a dottorarsi nella prestigiosa Stanford University. E invece, per una serie di circostanze rocambolesche, i genitori Guido e Nisina scoprono che Fil non solo non è a Stanford, ma non ha mai nemmeno finito il Master a Londra, preferendo dedicarsi a pascolare pecore nella campagna inglese. Questo figlio amato che credevano di conoscere bene ha scelto a loro insaputa un’altra strada, completamente imprevedibile. Come spiegare il mistero e soprattutto, come dare un senso alle scelte di Fil, così lontane da tutto quello che hanno sognato e pianificato per lui?
In questo romanzo gentilmente eversivo, Paola Mastrocola (Torino 1956), insegnante liceale, torna al tema dei giovani. Il suo sguardo sul mondo contemporaneo affronta temi cruciali: il rapporto genitori-figli, la crescita economica voluta dal capitalismo e la possibilità di vivere secondo altri valori. Ed è verso questi ultimi che sembrerebbe tendere l’Autrice: attraverso il personaggio di Fil, infatti, e di figure come sua zia Giuliana (Giagiù), l’artista Gelsa o il pescatore di foglie Malmecca, vengono individuate scelte e stili di vita che prescindono dall’ambizione e dall’idea del successo e si centrano invece sull’accettazione, la pazienza, e la semplice gioia dell’esistenza.
Il ritorno alla Natura e ai suoi ritmi è uno dei temi contenuti in questo romanzo. Un altro, parallelo, è la crescita economica auspicata dal capitalismo, che viene messa fortemente in questione. Non a caso una delle citazioni al principio del libro, proveniente da Andrea Zanzotto, è la seguente: “L’idea capitalistica del PIL che dice che tutto deve crescere porterà al disastro, mentre la legge della natura prevede una nascita, una crescita e un declino.” Centrale è poi il tema dell’affetto che unisce, ma anche separa genitori e figli: da una parte la generazione di Guido e Nisina, che hanno cercato di instradare Fil verso una carriera da loro considerata brillante; dall’altra Fil, che adotta una seconda vita senza spiegar loro nulla per paura di ferirli. Il romanzo si snoda così tra voli intercontinentali e sedi accademiche fino ai fiordi della Norvegia, in un ritratto affettuoso e ironico che pungola garbatamente il mondo dei genitori ma offre loro anche la giusta comprensione e ammirazione.
Comunque poi, col tempo, anche Guido Cantirami accettò. Accettò… si fa per dire. Accettare è un verbo un po’ impegnativo. Diciamo che abbozzò. Assorbì, ecco. Assorbì il colpo. Ah, la capacità di assorbimento dei genitori! Che arte, che dote! La capacità mirabile che i genitori possono avere di accettare, di assorbire… Carte assorbenti, ecco cosa sono.
Non so niente di te è stato pubblicato da Einaudi nel 2013.
Ludovica Valentini
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