Da Le città invisibili di Italo Calvino, il brano che dà avvio alla narrazione di Marco Polo a Kublai Kan: vi si parla di Diomira, città in cui si giunge a settembre.
Partendosi di là e andando tre giornate verso levante, l’uomo si trova a Diomira, città con sessanta cupole d’argento, statue in bronzo di tutti gli dèi, vie lastricate in stagno, un teatro di cristallo, un gallo d’oro che canta ogni mattina su una torre. Tutte queste bellezze il viaggiatore già conosce per averle viste anche in altre città. Ma la proprietà di questa è che vi si arriva una sera di settembre, quando le giornate s’accorciano e le lampade multicolori s’accendono tutte insieme sulle porte delle friggitorie, e da una terrazza una voce di donna grida: uh!, viene da invidiare quelli che ora pensano d’aver già vissuto una sera uguale a questa e d’essere stati quella volta felici.
Tratto da Le città invisibili, di Italo Calvino (Einaudi 1972)
“Non è detto che Kublai Kan creda a tutto quel che dice Marco Polo quando gli descrive le città visitate nelle sue ambascerie, ma certo l’imperatore dei tartari continua ad ascoltare il giovane veneziano con più curiosità e attenzione che ogni altro suo messo o esploratore” Così recita l’incipit di questo magnifico libro.
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