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Diego Marani e il dilemma del linguaggio come identità (3): “L’ultimo dei Vostiachi”

Diego Marani (Ferrara 1959) affronta il tema della sopravvivenza delle lingue minoritarie.

Ne L’ultimo dei Vostiachi, Diego Marani (Ferrara 1959) narra le vicende di Ivan, cacciatore solitario nella tundra artica ed unico parlante al mondo del vostiaco, lingua considerata estinta. Intercettato dalla glottologa Olga Pavlovna, Ivan diviene a sua insaputa la pedina di un complotto volto ad eliminare i testimoni dell’esistenza di una lingua le cui caratteristiche proverebbero un’origine comune tra le antiche popolazioni baltiche e quelle del Nordamerica.

Con una trama serrata e buone dosi di ironia, Diego Marani si inoltra nelle questioni politiche che circondano il dato linguistico. Nel romanzo, l’ambizioso professor Aurtova, fervente nazionalista, si batte contro la preponderanza del russo e dell’inglese nelle zone baltiche:

Nel mondo della cultura di massa, dove le lingue più deboli sono minacciate da un nuovo colonialismo linguistico che soffoca le culture minoritarie, solo l’ignoranza può proteggerci dall’estinzione. […] Nell’impossibilità di combattere ad armi pari contro i colossi linguistici mondiali, all’uomo finnico non resta, per difendersi, che un’ottusa, granitica ignoranza, quella stessa che per secoli lo ha conservato intatto. […] Io esprimo davanti a voi l’auspicio che fra cinquant’anni dal golfo di Botnia al mar Bianco nessuno sappia una parola d’inglese o di russo e l’armonia vocalica ugrofinnica risuoni compatta e impenetrabile come le nostre belle foreste. Viva la Finlandia! Viva l’ignoranza!

Per dimostrare che il finlandese è la più antica del continente, degna perciò di essere utilizzata come lingua sovranazionale, Aurtova ha bisogno di eliminare ogni traccia del vostiaco, che con la sua esistenza mette in dubbio l’appartenenza del finlandese al ceppo linguistico europeo.

Di qui un piano criminale, alla cui follia non si sottrae nemmeno Ivan, rappresentante di un mondo incontaminato in cui l’uomo comunica con la Natura e con l’universo. Eppure, proprio per il fatto di non comprendere il mondo, e grazie ai suoi istinti di uomo della tundra, Ivan sopravvive nell’ambiente sordido e ostile della città. Il suo destino però non sarà quello di ricongiungersi con i boschi a cui cerca di fare ritorno; e il vostiaco, lingua che Aurtova si è sforzato vanamente di sopprimere, si propagherà in maniera insospettata, forse l’unica che la civilizzazione contemporanea possa permettere:

Su una nave da crociera che attraversa il Baltico da Helsinki a Stoccolma, l’ultimo dei vostiachi si guadagna da vivere esibendosi nello spettacolo del gruppo flocloristico estone “Neli Sardelli”. Suona un tamburo fatto di pelli di renna, cantando aniche canzoni di una lingua misteriosa che a sentirla fa accapponare la pelle, fa venire la voglia di pregare.

L’ultimo dei Vostiachi è stato pubblicato da Bompiani nel 2002.

Ludovica Valentini

Diego Marani e il dilemma del linguaggio come identità: L'ultimo dei Vostiachi

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4 risposte a "Diego Marani e il dilemma del linguaggio come identità (3): “L’ultimo dei Vostiachi”"

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