Esiste una tradizione per il sentimento nazionale? Tre autori rispondono.
Nel parlare di tradizione in letteratura, uno degli elementi che ci si aspetta di incontrare è la presenza di riferimenti comuni, di tendenze o costanti che permettano di raggruppare temi e autori secondo un determinato criterio. Si cerca insomma il filo conduttore, il leit-motiv soggiacente.
Prendiamo ad esempio il sentimento nazionale: se una tradizione esiste, questo sentimento dovrebbe trovarsi espresso nel linguaggio, aver percorso il tempo e lo spazio ed essere stato ripreso in epoche diverse, dando così rinnovata forza e veridicità alla causa originaria, o creandone una nuova sulla base di quella preesistente. Le affermazioni di chi ci ha preceduto, insomma, assumono significato in quanto testimonianze. E così la tradizione si lega alla Storia.
Nel caso del sentimento nazionale italiano, il filo conduttore può trovarsi negli scritti di tre esponenti del nostro panorama letterario, vissuti in momenti storici diversi: Francesco Petrarca (1304-1374), Niccolò Machiavelli (1469-1527), e Vittorio Alfieri (1749-1803). Nei loro testi la parola ‘Italia” affiora e si rafforza grazie alla somma delle voci, mediante una strategia che usa il linguaggio per plasmare l’idea di un’identità nazionale.
Cominciamo dal più vicino a noi cronologicamente: Vittorio Alfieri non è solo l’ispiratore del Romanticismo italiano, ma anche uno degli ideologi dell’indipendenza italiana. Il suo Del Principe e delle lettere affronta la questione del dispotismo e del ruolo di opposizione svolto in questo contesto dal letterato. E non si sorprenda il lettore: il riferimento ‘d’autore’ è chiaro fin dal titolo, che evoca Machiavelli e il suo Il Principe. Lo scopo è nobile quanto ovvio: si tratta di stabilire un precedente, ossia una tradizione a cui rifarsi. E tanto per essere sicuri di non sbagliare, l’“Esortazione a liberar la Italia dai Barbari” del Capitolo XI di Alfieri allude alla Exhortatio ad capessendam Italiam in libertatemque a barbaris vindicandam, con cui proprio Il Principe si chiude.
Alfieri e Machiavelli presentano la stessa consegna: liberare l’Italia dallo straniero. Ma Alfieri, letterato ‘posteriore’, sceglie di rifarsi nelle citazioni e nel linguaggio al suo illustre predecessore. In questo modo, l’italianità non appare come un’idea peregrina ma diviene l’anello di una catena già esistente. E benché Alfieri sia, a differenza di Machiavelli, un fervente repubblicano, il passato è comunque fondante: siamo italiani perché lo eravamo ‘allora’, né abbiamo mai smesso di esserlo. (continua)
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Francamente, qualsiasi identità, ivi compresa quella nazionale, crea separazione. Vale davvero la pena?
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