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La Ferrara di Giorgio Bassani (2): Sera a Castello

Ferrara, Castello estense – foto di Francesca Coca

È l’ora in cui la piccola città di provincia si richiude nel suo guscio. (Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore)

Piazza Castello offre una testimonianza dello splendore raggiunto da Ferrara sotto la casa d’Este, che la governò dal XIII al XVI secolo. In Rinascimento privato, Maria Bellonci (1902-1986) traccia un’autobiografia intima di Isabella d’Este attraverso un lungo monologo che è anche una riflessione sulla storia d’Italia. I ricordi della marchesana offrono l’immagine di una società coesa sotto l’egida estense. Di qui che le memorie affioranti abbiano una brillantezza smaltata, il suono allegro della celebrazione:

[...] non c’è modo di dormire allo strepito delle trombe e trombette ducali ferraresi che fanno tremare i vetri delle grandi finestre nelle loro grate di piombo. Si annuncia il padre, l’Agamennone che regge ogni potere, il duca Ercole d’Este. E’ un’altra sera di gioia a Ferrara, ognuno parla senza ritenersi, a voci festosamente concitate.

Di ben altri suoni si colma la memoria collettiva che parla attraverso le pagine di Giorgio Bassani (1916-2000). In questa stessa piazza in cui una giovane nobildonna del ‘500 ha osservato i preparativi di un festeggiamento, si svolge un’eccidio a cui fanno da sottofondo “colpi d’arma da fuoco” e “lugubri canti che parlavano di morte e di cimiteri”: all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, nei territori controllati dalla Repubblica di Salò si inaspriscono le ostilità tra le brigate fasciste e i partigiani che combattono in attesa dell’arrivo degli alleati, procedenti dal Sud. Anche Ferrara è teatro di episodi di violenza:

Chi non ricorda, a Ferrara, la notte del 15 dicembre 1943? Chi potrà mai dimenticare, finché avrà vita, le lentissime ore di quella notte? Fu una veglia angosciosa, interminabile, per tutti; con gli occhi che bruciavano fissi a scrutare attraverso le fessure delle persiane le vie immerse nel buio dell’oscuramento; col cuore che sobbalzava ogni minuto al crepitio delle mitragliatrici, o al passaggio repentino, anche più fragoroso, dei camion carichi di uomini armati.

La rappresaglia per l’uccisione di un alto prelato fascista viene racchiusa nel racconto “La lunga notte del ’43” appartenente alle Cinque storie ferraresi:

Erano undici: riversi in tre mucchi lungo la spalletta della fossa del Castello, lungo il tratto di marciapiede esattamente opposto al Caffè della Borsa e alla farmacia Barilari: e per contarli e riconoscerli, da parte dei primi che avevano osato accostarsi (in distanza non parevano nemmeno corpi umani: stracci, bensì, poveri stracci o fagotti buttati là, al sole, nella neve fradicia), era stato necessario rivoltare sulla schiena coloro che giacevano bocconi, nonché separare l’uno dall’altro quelli che, caduti abbracciandosi, facevano tuttora uno stretto viluppo di membra irrigidite.

A Ferrara si possono tuttora osservare, sulla spalletta del fosso di Piazza Castello, le lapidi che ricordano l’eccidio.

Ludovica Valentini

non perché la farà con muro e fossa / meglio capace a’ cittadini sui (Ludovico Ariosto, Orlando Furioso)

Viaggio: La Ferrara di Giorgio Bassani
La Ferrara di Giorgio Bassani: sera a Castello

Ferrara, Castello estense – foto di José Antonio Cubillo

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