Si celebra oggi la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Ne approfittiamo per ricordare Italo Calvino e il suo amore per la Natura.
Nella produzione di Italo Calvino (1923-1985) spicca, nella seconda metà degli anni ’50, la presenza di opere che affrontano il tema della Natura: un fanciullo del secolo XVIII decide di vivere sugli alberi, un intellettuale borghese perde il giardino di famiglia a causa di un’avventura immobiliaria, un manovale cerca il verde nella grande città. Il rapporto con la Natura è descritto ora come comunione felice, ora come alienazione dalla Natura stessa.
Nel 1957 vengono pubblicate La speculazione edilizia e Il Barone rampante. Racconto realista il primo, romanzo-favola il secondo. In più, tra il 1952 e il 1958, Calvino elabora gli episodi tragicomici di Marcovaldo, toccanti parabole sul disagio dell’uomo contemporaneo riunite in un unico volume nel 1963.
Al centro la stessa preoccupazione: un disorientamento dell’io che sembra correre in parallelo allo scempio dei luoghi naturali, sacrificati nella corsa al consumo di massa. In Italia tale corsa significò, negli anni ’50 e nei primi anni ’60, una forte espansione dell’edilizia che, agendo in modo sregolato e spesso illegale, rovinò non solo il tradizionale tessuto urbano ma anche le zone vergini e le coste.
Italo Calvino ne prende atto non solo da intellettuale e poeta, ruoli che gli sono consoni, ma anche da agronomo-botanico-erborista, caratteristica che riceve quasi in dono essendo entrambi i genitori studiosi di rilievo nel campo dell’agricultura e delle scienze naturali. Il suo sguardo si posa sui dettagli del mondo vegetale, sia negli aspetti più favolistici e sognanti –il fogliame degli alberi, le ragnatele dei boschi, i sentieri segreti– sia in quelli più strettamente scientifici –gli ecosistemi, le varietà arboree, i periodi di florazione delle piante e così via. E lo fa prendendo atto di ciò che c’era e non c’è più o è destinato comunque a scomparire.
Va da sé che i personaggi calviniani hanno lo stesso acume visivo del loro autore: Quinto Anfossi, l’intellettuale protagonista de La speculazione edilizia, prende la decisione di allearsi con il neocapitalismo pacchiano rappresentato da Giuseppe Caisotti, in una corsa alla costruzione che lo obbliga a sacrificare il giardino della villa che la famiglia possiede sulla Riviera Ligure. Ma pur corrotto dalla prospettiva di un arricchimento rapido, non riesce a non vedere la bruttezza dei nuovi edifici, a non deplorarne il malgusto e soprattutto a non notare, via via che procede il racconto, la progressiva assenza degli elementi naturali che hanno caratterizzato la sua infanzia:
“A Quinto sembrava di non essersi mai accorto che una vita così fitta e varia lussureggiasse in quelle quattro spanne di terra, e adesso, a pensare che lì doveva morire tutto, crescere un castello di pilastri e mattoni, prese una tristezza, un amore per le borragini e le ortiche, che era quasi un pentimento.”
Simultaneamente, quelle stesse fronde che il miracolo economico sta per abbattere grazie alla compiacenza di persone come Anfossi, divengono altrettanti passaggi per Cosimo Piovasco di Rondò, l’eroe settecentesco de Il Barone rampante, il quale stabilisce la propria dimora sui rami rivieraschi. Anche qui, nella sua ‘favola verde’ per eccellenza, Calvino non manca di glossare la sconfitta degli spazi naturali ad opera dell’uomo:
“Ora, già non si riconoscono più, queste contrade. S’è cominciato quando vennero i Francesi, a tagliar boschi come fossero prati che si falciano tutti gli anni e poi ricrescono. Non sono ricresciuti. Pareva una cosa della guerra, di Napoleone, di quei tempi: invece non si smise più. I dossi sono nudi che a guardarli, noi che li conoscevamo da prima, fa impressione.”
E infine Marcovaldo, l’eroe umile delle storielline urbane la cui serie si completa all’inizio degli anni ’60, vive i disagi del mondo industrializzato: l’aria irrespirabile delle città, i fiumi inquinati dalle fabbriche, gli animali usati come cavie, il verde ridotto ai parchi pubblici, lo smog, il rumore, il cemento, il cielo preso d’assalto dalle insegne pubblicitarie.
Stranamente però, proprio nel momento in cui l’industria e il consumo hanno la maggiore, quando personaggi come Cosimo sono scomparsi e innumerevoli italiani simili a Quinto si sono irrimediabilmente venduti, qualcosa rimane intatto nelle pagine calviniane di quegli anni:
“Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiate che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano lo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse a una tegola, non gli sfuggivano mai.”
E’ l’integrità del poeta, sommessa eppure presente, che attraverso un tenero, invincibile, incorruttibile personaggio, tra i tetti delle città sa ancora cercare la luna. Se da una parte l’autore ha rappresentato la realtà industriale e le sue conseguenze, se ha affrontato i nostri cedimenti interiori, lo stesso sembrerebbe convinto che una speranza è ancora possibile.
Ludovica Valentini
Una speranza è certamente possibile. Esistono programmi di riforestazione che cercano di arginare la distruzione e restituire al pianeta ciò che gli abbiamo tolto. Uniamoci anche noi.
"Mi piace""Mi piace"
Nel mio commento scomparso, ti confessavo la mia determinazione di non leggere quel libro sulla Speculazione edilizia.
Dall’altra parte credo ricordare che dicevo qualcosa sulla mia scoperta di Calvino quando mia figlia di pochi anni allora mi ha fatto leggere (con un grande sforzo dalla mia parte in quei anni, ti debbo confessare) Il visconte dimezzato.
Da li in poi Calvino c’è stato un mio favorito anche se al inizio l’ho letto in spagnolo
Viviana
"Mi piace"Piace a 1 persona
Cara Viviana, ti capisco: “La speculazione edilizia” è un testo disincantato, anche perché Calvino metteva in risalto, tra l’altro, la crisi degli intellettuali nel periodo del miracolo economico. Qui il protagonista scende a patti col nuovo capitalismo e finisce per distruggere proprio il giardino dove ha trascorso l’infanzia. La cosa interessante è che Calvino scrive i tre lavori negli stessi anni, quasi simultaneamente, e tutti e tre affrontano lo stesso tema, anche se da angolature diverse. Grazie come sempre dei tuoi commenti e del tuo amore per questo autore, come sai il nome del Club “Se Una Notte..” viene da un suo romanzo! 🙂
"Mi piace""Mi piace"