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“L’inchiostro e la carta”: tre mini-favole di Leonardo da Vinci (1452 – 1519)


Recentemente si sono svolte le celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, genio dell’Umanesimo nato in Toscana a Vinci, vicino a Firenze, il 15 aprile 1542, e spentosi il 2 maggio 1519 nel castello di Cloux presso Amboise.

Artista, ingegnere, inventore, tra il 1482 e il 1483 Leonardo è a Milano alla corte di Ludovico il Moro, dove soggiorna fino al 1500. Poi è la volta di Mantova e di Venezia. Tornato a Firenze, viaggia verso città delle Marche e dell’Emilia Romagna, dedito non solo alla pittura ma anche allo studio di fortificazioni e di sistemi di chiuse e canalizzazione. Le sue ricerche includono botanica, anatomia, geologia, matematica, zoologia, studia il volo degli uccelli. Nel 1513 è a Roma, dove continua gli studi scientifici, e nel 1517 si trasferisce in Francia alla corte di Francesco I. Qui trascorre gli ultimi anni della sua vita.

Al di là delle opere più strettamente scientifiche, lasciate incompiute, non si può parlare di un Leonardo ‘scrittore’ nel senso abituale della parola: il geniale umanista si autodefiniva “omo sanza lettere.” Eppure, dalla sua penna e dalla sua singolare scrittura (da Vinci era mancino e scriveva “a specchio”, orientando cioè le lettere e le parole da destra verso sinistra), ci sono giunte riflessioni e pensieri che, in un insieme variegato, riuniscono precetti, proverbi, indovinelli, profezie e narrazioni fantastiche.

Dello straordinario inventore toscano riportiamo qui tre brevissime favole. La prima descrive il fenomeno della grandine, la seconda l’assorbimento dei liquidi, la terza la propagazione dei semi. Alle lettrici e ai lettori non sfuggirà il loro fondo moraleggiante, ma vi troveranno altresì lo spirito di osservazione dello scienziato, la viva curiosità dell’umanista attento ai fenomeni della Natura:

La Penitenza dell’acqua. Trovandosi l’acqua nel superbo mare, suo elemento, le venne voglia di montare sopra l’aria, e confortata dal foco elemento, elevatosi in sottile vapore, quasi parea della sittiglieza dell’aria, e, montato in alto, giunse infra l’aria più sottile e fredda, dove fu abbandonata dal foco. E piccoli granicoli, sendo restretti, già s’uniscano e fannosi pesanti, ove cadendo la super[bia] si converte in fuga, e cade del cielo; onde poi fu beuta dalla secca terra, dove, lungo tempo incarcerata, fè penitenzia del suo peccato.

L’inchiostro e la carta. L’inchiostro displezzato per la sua nerezza dalla bianchezza della carta, la quale da quello si vide imbrattare. Vedendosi la carta tutta macchiata dalla oscura negrezza dell’inchiostro, di quello si dole; el quale mostra a essa che per le parole, ch’esso sopra lei compone, essere cagione della conservazione di quella.

La formica e il seme di miglio. La formica trovato uno grano di miglio, il grano sentendosi preso da quella gridò:” Se mi fai tanto piacere di lasciarmi fruire il mio desiderio del nascere, io ti renderò cento me medesimi”. E così fu fatto.

Dal gigantesco all’infimo, tutto fu oggetto di indagine per Leonardo. Che il suo interesse verso il mondo accenda in noi il desiderio di apprendere; nelle parole dell’autore:

Sicome il mangiare sanza voglia fia dannoso alla salute, così lo studio sanza desiderio guasta la memoria, e no’ ritiene cosa ch’ella pigli.

Della prosa di Leonardo da Vinci si cominciò a parlare nell’Ottocento, dopo la riscoperta e pubblicazione dei suoi manoscritti. I testi qui riprodotti sono contenuti nella raccolta di liberliber.it

Ludovica Valentini

Leonardo Da Vinci, semi

5 risposte a "“L’inchiostro e la carta”: tre mini-favole di Leonardo da Vinci (1452 – 1519)"

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